Musiche di Johann Strauss jr Libretto di Ignaz Schnitzer
Compagnia di Operette Alfafolies Coro “Carmine Casciano” Balletto Alfaballett Scene e Costumi della Compagnia Regia di Augusto Grilli
In un villaggio, in Ungheria, torna il giovane Sàndor Barinkay, dopo essere stato esiliato, durante la guerra
turco-ungarica, assieme a suo padre. Il villaggio è ora abitato da zingari, con la sola eccezione di Zsupan, allevatore di maiali. Sua figlia Arsena civetta con il figlio della sua governante, Ottokar, e rifiuta di volgere la sua attenzione verso Sàndor. Ma Cziffra, vecchia zingara, riconosce nel giovane il figlio del proprietario del villaggio e, con gli altri, lo proclama “Zingraro barone”. Per vendicarsi dell’indifferenza di Arsena, Sàndor vuole prendere in moglie Saffi, la più bella zingara del villaggio. Cziffra predice al giovane che presto prenderà moglie e che troverà un tesoro. Una previsione che si avvera. Ma arriva il conte Homonay che recluta soldati per la guerra contro gli spagnoli. Zsupan e Ottokar si arruolano e presto li seguirà anche Sàndor. Meglio cercare gloria in battaglia. Al suo ritorno tutti lo festeggiano, gli restituiscono il suo tesoro e gli conferiscono il titolo di “barone”: Così, da nobile, non avrà difficoltà a sposare l’amata, Saffi.
Adattata da una novella dell’ungherese Mor Jokai, “Saffi”, e rielaborata da Ignaz Schnitzer, “Lo zingaro barone” è per importanza, la seconda operetta di Strauss dopo “Il pipistrello”. Innanzitutto lo spartito abbonda di idee musicali sicuramente vicine a quelle operistiche, che pongono questo lavoro in una posizione di preminenza rispetto alle altre consorelle. Qui Strauss vuole far rivivere i palpiti degli zingari, attingendo al folklore magiaro senza tralasciare i contributi di alte zone dell’Est. La csardas di Saffi – una parte quasi tutta cantata – e i continui passaggi dal maggiore al minore, rendono l’opera toccante, pronta a dare sensazioni sempre nuove. Da ogni nota trabocca sentimento ed anche i valzer e le marce, fattori indispensabili perché un’operetta della “golden age” possa definirsi tale, hanno una robustezza e un vigore insoliti. Ma l’importanza dello “Zingaro barone”, oltre ad uno spartito di primordine, risiede nell’aver aperto il nuovo filone “zingaresco” che avrà vita lunga e che troverà in Lehár e soprattutto in Kálmán i degni continuatori. /